"About a boy ai tempi di Obama". Così il regista e attore Silvio Muccino definisce il suo 'Un altro mondo', "film di Natale, ma non cinepanettone, piuttosto alla Frank Capra, perchè scalda il cuore e non si vergogna di parlare di sentimenti". La pellicola arriva in sala il 22 dicembre distribuito in 300 copie da Universal, co-produttore con Cattleya. Scritto da Muccino con Carla Vangelista, autrice del romanzo omonimo, il film inquadra "il rapporto tra un ragazzo bianco italiano (Muccino alias Andrea) e un bambino di colore africano (Michael Rainey Jr, alias Charlie, scovato in un videoclip di Tiziano Ferro)". Ma, all'opera seconda dopo 'Parlami d'amore', Muccino precisa: "Non mi sento nè regista nè attore: sono innamorato del cinema e delle sue storie, che vado a ricercare". Tra i 'rischi' di 'Un altro mondo', il regista indica "il mio ruolo, quello più distante di sempre": il processo di elaborazione e scrittura è durato un anno e mezzo - "tra litigi, pianti ma senza spargimento di sangue", aggiunge la Vangelista - e "la difficoltà nel dirigere un bambino, ma l'ingresso di Michael ha risolto entrambi: ha lasciato aperta la porta all'improvvisazione, al far accadere la vita. Mi sono sentito più spalla che protagonista, dimenticandomi di me, senza cercare la performance", mentre la Vangelista sottolinea "la volontà, già nel libro, di parlare di donne e della loro forza, mentre il cinema solitamente è tutto a vantaggio degli uomini".
Un altro mondo racconta la storia del 28enne Andrea che si ritrova inaspettatamente ad avere un fratello di colore di otto anni, Charlie, da curare e far crescere. Per Andrea, figlio della ricca borghesia romana e compagno di Livia (Isabella Ragonese), divisa tra anoressia e bulimia, sarà un mezzo per maturare e vedere la vita in un'altra prospettiva. Tutto inizia quando Andrea corre in Kenya al capezzale del padre morente, un uomo che ha lo ha abbandonato da bambino insieme alla madre Cristina (Greta Scacchi). Quando arriva in Africa, il padre è già morto, ma Andrea scopre di avere un fratello di colore che alla fine, dopo molte resistenze, porterà a Roma. Un ragazzino che lentamente entra nella sua vita, come in quella della sua compagna Livia, cambiando le loro nature verso l'altruismo. L'uscita a Natale? "All'inizio mi sono detto: ma siete pazzi a far uscire a Natale un film che io ritengo rischioso e coraggioso? Ma mi hanno chiuso la bocca dicendomi che era un film natalizio alla Frank Capra. Comunque - ribadisce poi Muccino - è un film in cui mi sono preso rischi innumerevoli perchè è un lavoro molto distante da me". Il parallelo con Godard e l'esistenzialismo non può che fargli piacere: "Magari?! - dice subito -. Quello che interessa me è sempre la stessa cosa: il processo di crescita, guardare le persone che crescono o che si rifiutano di farlo". Comunque Un altro mondo non è un film sull'integrazione: "In Italia non è ancora avvenuta - spiega il regista -. Il nostro paese non è certo l'America di Obama, ma lo potrebbe diventare. Più che di integrazione lo definirei un film sull'accettazione dell'altro". Del rapporto interrotto da circa due anni con la famiglia e con il fratello Gabriele, Silvio Muccino non vuole proprio parlare. A chi gli chiede se il fratello ha visto Un altro mondo, dice solo alzando le mani al cielo: "La risposta la sapete già". E non ci sta a parlare della sua famiglia neanche ai margini dell'incontro stampa, messo di fronte a una domanda ancora più difficile da schivare. Ovvero se aver fatto un film sulla famiglia e su un fratello ritrovato possa indurlo a fare pace con i suoi. "Di queste cose non parlo - taglia corto -. Questa è una cosa tra me e la mia famiglia".